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Il secondo dopoguerra

Con il crollo del fascismo l’Italia presenta la costante

divisione tra il nord, dove le truppe tedesche instaurarono

un regime di occupazione , e il sud dove si avviò, grazie

alle forze anglo americane, un processo di ripresa della

democrazia.

Al nord si sviluppò il fenomeno della resistenza ovvero

un movimento in cui convergevano forze liberali e cattoliche con il fine di liberare l’Italia dal nazi-fascismo e di restaurare lo stato liberale, ma anche forze di sinistra con lo scopo di lottare per il rinnovamento strutturale di uno stato ben diverso dal precedente fascista. Con le elezioni del 48 la democrazia Cristiana conquistò il maggior numero di seggi e iniziarono gli anni del cosiddetto centrismo, ovvero una serie di governi basati sulla collaborazione dei partiti di centro.

Anche la situazione internazionale si presentava abbastanza complessa; nell’Europa orientale vennero istaurati vari governi comunisti a causa della pressione dell’Unione Sovietica e iniziò la guerra fredda che vide contrapposti il blocco occidentale capitalista e il blocco orientale comunista, inoltre nel 1956 si verificarono due avvenimenti che sconvolsero il clima generale: le rivelazioni di Kruscev sulla dittatura di Stalin e la rivolta in Ungheria stroncata dall’intervento militare dell’Unione Sovietica.

Alla luce di questa situazione la letteratura italiana appare priva di rapporti con la realtà e si mirò, attraverso varie traduzioni, a far conoscere la letteratura straniera. Tra i principali scrittori di quel periodo ricordiamo Sartre con l’esistenzialismo filosofico, Vittorini e Pavese i quali tendevano a riprodurre una rappresentazione lirica o mitica della realtà molto lontana dagli obiettivi di immediatezza del neorealismo, Pasolini che rappresenta un’umanità emarginata e insiste sulla condizione del declassamento e Gadda che rappresenta con il “ Pasticciaccio” l’ambigua precarietà della realtà.

Con la crisi dello schieramento di sinistra e di fronte alla complessità del reale la narrativa subisce, a partire dagli anni cinquanta, un noto cambiamento e un profondo distacco da quella immediatamente precedente. Essa è caratterizzata dall’evasione dalla storia e dai temi esistenziali che si risolvono nell’evasione e in lamento sulla condizione ontologica dell’uomo.

Il periodo della terza legislatura, dal 1958 al 1963, vede l’Italia protagonista nello sviluppo economico e strutturale; sono gli anni del boom nei quali vi fu un grandissimo incremento della produzione industriale e degli investimenti, ma anche forti cambiamenti nella società. Esauritasi la formula politica del centrismo si ebbe, a partire dal 1962, l’avvio della linea di “centro-sinistra” basata sugli accordi tra D.C. e P.S.I. che garantirono un vasto programma di riforme come l’istituzione della scuola media obbligatoria e la nazionalizzazione dell’industria elettrica.

Si successero nel frattempo alcuni avvenimenti importanti come l’intervento americano nel Vietnam  che provocò una fortissima opposizione e la rottura della Cina comunista con l’Unione Sovietica; avvenimenti che mirarono al superamento degli schemi del neorealismo e alla revisione dell’ideologia che aveva caratterizzato sia la politica che l’ambiente culturale.

Il secondo dopoguerra

La Germania

Nel 1945 poco prima della fine della seconda guerra

mondiale, nella conferenza di Jalta, venne decisa la

sorte della Germania sconfitta: Il paese venne diviso

in quattro settori controllati da Unione sovietica, il

settore più grande, Regno Unito, Francia, Stati Uniti

d'America. Nel 1948 ci fu il blocco di Berlino che fu

una delle crisi più importanti della guerra fredda, in

cui l'Unione sovietica bloccò tutti gli accessi stradali

e ferroviari a Berlino ovest che si risolse quando gli aerei statunitensi, britannici e francesi rifornirono i cittadini di beni primari. Inizialmente era permesso circolare liberamente in tutti i settori ma nella notte tra il 12 e il 13 agosto del 1961 la parte comunista del paese costrurì un muro impedendo il passaggio da est a overst. Il muro misurava circa 155 chilometri ed era controllato da guardie armate che avevano l'ordine di sparare a qualsiasi cittadino della parte est che si avvicinasse al muro, il muro divise piazze ed ed edifici, vennero tagliati i cavi telefonici e chiuse le fogne che collegavano le due parti. La Germania venne divisa in RDT, Repubblica Democratica Tedesca (DDR) e RFG Repubblica federale di Germania (BRD) parte ovest. Ogni tentativo di fuga era punito con la morte e gli abitanti erano costantemente controllati attraverso spie e videocamere, limitando la libertà d'espressione e censurando qualsiasi forma d'arte non approvata dal parlamento. I dirigenti della RDT videro però formarsi un movimento di resistenza negli anni 80 a cui il governo non riuscì più ad opporsi e nella notte del 9 novembre 1989 alle guardie fu dato l'ordine di lasciare le loro posizioni dando la possibilità a tutti gli abitanti di incontrarsi dopo 30 anni.

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Dopo un trentennio di dominazione giapponese la Corea era

stata occupata a nord dalle truppe sovietiche e a sud dalle

truppe statunitensi, il nord era sotto il regime comunista di

Kim Il Sung e il sud retto dal governo statunitense di

Syngman Rhee. Nel 1950 le truppe nord coreane iniziarono

l'invasione della parte meridionale del paese, gli Stati Uniti

decidono di intervenire prendendo le parti della zona sud

con il generale Maccartur che chiederà il permesso di usare la bomba atomica, permesso che gli verrà negato questa guerra terminerà nel 1953 raggiungendo un compromesso che consisteva nella suddivisione della corea in due stati: Corea del Nord e Corea del Sud con capital Seoul.

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La Cina, cercherà di imitare il modello dell'Unione Sovietica

ridistribuendo le terre e attuando dei piani quinquennali, ma

nella seconda fase Mao Zedong si staccherà da questo

progetto emulativo attuando strategie che permettevano un

notevole sviluppo agricolo e industriale. La Cina però

continuava ad essere fortemente divisa tra i comunisti che

seguivano Mao e i nazionalisti di Chiang Kai-shek che

nonostante l'appoggio americano dovettero soccombere al

potere dell'armata rossa cinese dopo due anni di sanguinosa guerra civile. Il primo ottobre del 1949 venne proclamata la Repubblica popolare cinese sotto la presidenza di Mao Zedong, il governo cinese strinse nel 1950 un'alleanza con l'Unione Sovietica facendo sorgere in Asia un altro grande stato comunista.

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La Corea

La Cina

La Germania
La Corea
La Cina

Guerra del Vietnam

Dopo la Prima Guerra Mondiale il Vietnam faceva

parte con il Laos e la Cambogia della colonia francese

dell’Indocina. Ma già durante il periodo a cavallo tra le

due guerre era nato un movimento nazionalista di

ispirazione comunista guidato da Ho Chi Min:

fondatore del Fronte per l’indipendenza del Vietnam o

Vietminh (1941). Nel corso della Seconda Guerra

Mondiale fu proprio ad opera del Vietminh che avvenne la liberazione dall’occupante giapponese grazie all’esercito di liberazione nazionale guidato da Giap.

Nel 1945 Ho Chi Min dichiarò deposto l’imperatore Bao Dai e proclamò ad Hanoi la Repubblica democratica del Vietnam.

Il governo di Parigi al cui vertice vi era a sul tempo Charles de Gaulle apprese la notizia della formazione di uno stato indipendente in Vietnam che insieme a Cambogia e Laos avrebbe dovuto costituire in base ai progetti una federazione indocinese posta sotto il controllo della Francia stessa, rioccupò il Vietnam meridionale restaurando a Saigon il governo dell’imperatore Bao Dai.

URSS e Cina riconobbero la Repubblica del nord mentre gli Stati Uniti il governo a sud.

Il conflitto tra guerriglieri Vietminh e francesi di concluse con la vittoria vietnamita a Dien Bien Phu nel 1954.

Lo stesso anno durante la conferenza internazionale tenutasi a Ginevra, Laos e Cambogia vennero dichiarati indipendenti e il Vietnam venne suddiviso lungo la linea di demarcazione del 17º parallelo in: Vietnam del Nord sotto la repubblica democratica e Vietnam del sud sotto il governo di Diem sostenuto dai francesi.

Nel sud però dilagò l’azione guerrigliera dei Vietcong contro il governo di Diem.

Lyndon Jhonson, l’allora presidente degli Stati Uniti d’America, diede avvio alla cosiddetta escalation dell’intervento militare americano che si trasformò in una vera e propria guerra terminata con il massiccio intervento dei Vietcong i quali nel 1968 lanciarono l’offensiva del Set che aumentò il dissenso verso la guerra negli Stati Uniti.

Il repubblicano Richard Nixon eletto nel 1968 si dovette occupare della questione. Nel 1973 gli accordi firmati tra il segretario di stato Henry Kissinger e il primo ministro vietnamita Le Duc Tho stabilirono il ritiro delle truppe americane impegnate in Vietnam.

Il regime di Saigon governato da Diem capitolò nel 1975, così il 24 giugno del 1976 venne proclamata la Repubblica socialista del Vietnam con capitale ad Hanoi.

La Guerra del Vietnam

​La guerra in Afghanistan

Nell'aprile del 1978, il Partito Democratico Popolare dell'

Afghanistan (PDPA) giunse al potere in Afghanistan durante

la Rivoluzione di Saur. Gli oppositori del governo comunista

diedero vita ad una rivolta nell'Afghanistan orientale che si

evolse in una guerra civile ad opera dei mujaheddin contro le

forze governative nazionali. I ribelli avevano ricevuto le

armi dal Pakistan e dalla Cina, mentre l'Unione Sovietica aveva inviato diversi consiglieri militari per sostenere il governo del nuovo partito governativo. Contemporaneamente le numerose divergenze tra le diverse fazioni del PDPA, Khalq e Parcham, portarono all'arresto degli ufficiali militari con il pretesto di un colpo di stato da loro organizzato. Nel corso del 1979, gli Stati Uniti avviarono un programma segreto per assistere i mujaheddin.

Lo stesso anno il presidente Taraki venne assassinato in un colpo di stato venendo sostituito da Amin, che diffidato dai sovietici, fu assassinato dalle forze speciali sovietiche nel dicembre 1979. Nacque così il governo organizzato dai sovietici, con a capo Karmal di Parcham l. I sovietici furono quindi direttamente coinvolti in quella che era stata una guerra interna dell'Afghanistan.

La guerra in Afghanistan

La guerra dell’Ogaden

La guerra dell'Ogaden venne combattuta nel 1977 tra la

Somalia e l'Etiopia per il possesso della regione omonima

abitata per lo più da somali.

Questo scontro divenne di portata internazionale al punto che

rientrò nell'orbita della Guerra Fredda: il Derg (giunta

comunista etiope) venne appoggiato dai tre stati con governo

comunista mentre il progetto di creazione della "Grande

Somalia"  venne sostenuto dagli Stati Uniti d'America.

A vincere fu l’Etiopia  grazie all’ausilio di contingenti militari inviati da Cuba e alla presenza di numerosi consiglieri militari forniti dall'Unione Sovietica, guidati dal generale Petrov.

Oggi l'Ogaden si trova sotto la giurisdizione di Addis Abeba ma esistono  focolai di resistenza.

Nel 1948 la Gran Bretagna cedette all'Etiopia le regioni dell'Haud e dell’Ogaden.

Nel 1974, in Etiopia il Derg fonda un regime socialista, con a capo Menghistu Hailè Mariàm.

Il governo somalo era appoggiato dall'Unione Sovietica, ma il presidente Siad Barre ruppe l'intesa con Mosca.

Nel luglio del 1977 l'esercito somalo invase l’Ogaden ottenendo  il controllo di oltre il 60% della regione. L'URSS decise di prendere le parti dell’Etiopia.

Cuba, la Repubblica Democratica Popolare dello Yemen, la Corea del Nord e la Germania Est fornirono il loro aiuto all'Etiopia. Invece la Cina e gli Stati Uniti sostennero la Somalia.

A metà settembre, l'esercito somalo riuscì a sbaragliare quello nemico con prima battaglia di Giggiga. Alla fine di settembre i somali controllavano quasi tutto l’Ogaden.

Il governo etiope però riuscì a riformare un esercito. Dall’ottobre 1977 al gennaio 1978 l'esercito somalo cercò di conquistare la città di Harar, ma gli etiopi resistettero. Lo scontro decisivo si ebbe con la seconda battaglia di Giggiga, il 5 marzo 1978. I somali persero moltissimi uomini, quindi Siad Barre ordinò il ritiro delle truppe il 9 marzo.

La guerra dell'Ogaden

Hannah Arendt nasce in un sobborgo di

Hannover da una famiglia di orientamento

socialdemocratico, dal 1924 segue le lezioni

di Heidegger con il quale intraprende una

relazione che si tramuta poi in amicizia a causa delle sue simpatie verso il nazismo. A partire dal 1933 Hannah viene privata dei suoi diritti dalla Germania nazista in quanto ebrea e fugge in Svizzera e poi a Parigi dove sposa Blucher (filosofo e poeta berlinese) che diventa suo collaboratore intellettuale; in seguito all’occupazione tedesca della Francia viene internata in un campo di concentramento come straniera sospetta, ma viene presto rilasciata e si  reca con il marito negli Stati Uniti  dove rimane per il resto della vita.  

Arendt risultava essere apolide: il terzo Reich nel 37 le aveva tolto la cittadinanza tedesca e deve aspettare 18 anni per quella americana; muore a 69 anni mentre lavora al suo ultimo libro rimasto incompiuto: la vita della mente.

Il totalitarismo, nato nel 900, definisce un sistema di governo prima sconosciuto e Hannah Arendt cerca di indagarne l’origine; il sostantivo “totalitarismo” emerge per la prima volta nel 1925 sulla rivista “la rivoluzione liberale” di Piero Gobbetti , un giorno prima del discorso di Mussolini nel quale dichiara l’inizio della dittatura fascista.

A partire dal 26 la parola viene usata anche dall’italiano antifascista Luigi Sturzo il quale la inserisce nel libro “l’Italia e il fascismo” non pubblicato in Italia in quanto egli era in esilio, ma tradotto in inghlese, spagnolo e tedesco.

Dal 1928 la parola “totalitarismo” entra in uso come parola anti fascista e anti comunista quindi contro i regimi a partito unico che si basano sul culto del capo; Hannah Arendt, cosmopolita, filosofa, studiosa e scrittrice nel 49  si appropria di questo termine per spiegarlo e nel 51, durante la guerra di Corea e in piena guerra fredda, da alle stampe il suo primo libro “ le origini del totalitarismo”. È un libro di grande causa emotiva, cinquecento pagine di angoscia e dolore in cui la filosofa si propone di analizzare le origini dei totalitarismi , considerati come una mostruosa conseguenza della modernità. L’opera è divisa in tre parti: la prima parte è uno studio dell’antisemitismo, la seconda tratta de fenomeno dell’imperialismo e dell’ascesa della borghesia che aspira al potere politico oltre che a quello economico ,e la terza, infine, ricostruisce la genesi del totalitarismo ripercorrendo la storia fino alla seconda guerra mondiale e mettendo in evidenza l’ideologia, il terrore e l’organizzazione del partito unico. Un’ accento in più è posto sul nazismo, sulla strage dell’olocausto , sul come è stato possibile ridurre gli ebrei a cadaveri ambulanti e considerare la loro morte al pari dell’uccisione di una zanzara.

Il primo passo è stato distruggere la personalità giuridica: privare gli ebrei di ogni diritto , in seguito l’uccisione della personalità morale e infine l’uccisione dell’unicità in quanto  la condizione umana è un’ unicità nella pluralità perché gli esseri umani sono diversi e ciò li rende unici nella pluralità; quindi il compimento estremo è stato proprio la massificazione, che rappresenta l’assenza o la negazione del bene.

Hannah Arendt nel libro individua tre elementi all’origine della deriva totalitaria: l’imperialismo, l’antisemitismo e il razzismo (ideale a cui uniformare tutta l’’umanità). Questi sono i problemi poste dalla società di massa per i quali il totalitarismo offre soluzioni assurde dissolvendo  tutti i  valori tradizionali, politici e sociali, per questo il totalitarismo è considerato effetto della modernità. Esso può instaurarsi solo in popolazioni numerose in quanto sono in grado di sostenere le enormi perdite di vite umane richieste da un apparato di potere totale; le masse isolate vengono attratte dai totalitarismi perché prospettano loro di diventare protagoniste  e attraverso la propaganda e la  violenza i capi riescono ad ottenere il consenso delle masse che è indispensabile.

Il capo è una figura onnipotente e insostituibile e tutte le forme organizzative del regime si identificano in lui e dipendono da lui; una volta ottenuto il consenso il regime totalitario si pone sempre nuovi obiettivi e nemici da abbattere per mantenere la fiducia delle masse, come hanno fatto Hitler e Stalin. Benché l’ideologia fosse diversa, Hannah Arendt la considera solo un mezzo per affermare la supremazia; anche se nel comunismo non c’è antisemitismo, la massa diventa “plebe”, una moltitudine che cede al capo i suoi valori per la rappresentazione.

Per questo cade sul libro una sorta di censura nei paesi comunisti e viene preso come un modo per criminalizzare il comunismo in quanto il regime comunista era stato equiparato a quello nazista contro il quale aveva fortemente combattuto .

Per quanto riguarda il fascismo vi è una riflessione a parte. La Arendt considera il  fascismo fino al 38 ( anno delle leggi razziali) una semplice dittatura a partito unico  in quanto Mussolini mirava al potere e ad esercitarlo attraverso lo stato, attraverso la  violenza  e il culto della nazione.

Nel corso della vita la scrittrice collabora a New York con varie organizzazioni che aiutano gli ebrei ad emigrare e diventa attivista della comunità ebraica raccontando in vari articoli le condizioni in cui essi vivevano. Nel 61 si reca a Gerusalemme come inviata di una rivista americana per assistere al processo del funzionario nazista dal quale ne deriva i suo scritto “ la banalità del male” in cui analizza la strage nazista affermando che questa non risiedeva nella malvagità dei carnefici, ma nell’assenza di pensiero. 

Lei definisce il male, applicato al generale Heichmann come esempio della strage nazista, un male “banale” e non più  radicale perché esso da l’idea di un qualcosa di  mostruoso, ma guardando il generale si accorge che egli non ha affatto le sembianza di mostro capace di fare qualcosa seppure nell’infamità. Heichmann è un piccolo borghese, un padre di famiglia preoccupato della sua condizione, della sua carriera il quale come molti altri aderisce alla storia per non nuocere al suo futuro e diventa un esecutore di ordini cioè “ cittadino modello”. È una grigia e banalissima obbedienza che però erano in tanti ad operare diventando non agenti, ma complici dello sterminio.

Il generale dimostrava una grande incapacità di pensare che è alla base dell’origine del male che non è radicale, ma banale; solo il bene che ha profondità può essere radicale.

Questo scritto suscitò un forte scandalo per le sue affermazioni in quanto la scrittrice  sosteneva che, se non ci fosse stata la cooperazione delle società ebraiche con i nazisti, ci sarebbero stati  meno morti.

Hannah Arendt ha pubblicato nel 58 uno scritto,che è una riflessione sull’origine dell’uomo e sulla sua condizione, intitolato “ the human condition” . La condizione umana per Arendt non è fondata sul fatto che l’uomo è mortale, la principale condizione non risulta più la mortalità come era stato affermato da Platone ad Heidegger, ma la natalità perché con il nascere ognuno si mostra unico ed iniziante, un essere che sarà in grado di compiere azioni uniche e imprevedibili.  Quindi gli  uomini non sono nati per morire, ma per incominciare; la nostra dimensione è il mondo e non dobbiamo perderci nel trascendentale.

Lei definisce la politica una seconda natalità in quanto essa non è un’organizzazione della distribuzione del potere , ma un piano orizzontale di esibizione reciproca e di cooperazione nell’iniziare il nuovo, in quanto consiste nell’agire di uomini che mostrano la loro unicità e la loro iniziativa e quindi  con l’azione noi ci inseriamo nel mondo umano.

La politica è  la massima realizzazione dell’umano in quanto umano, è teatro perché  interagendo ciascuno è allo stesso tempo attore, perché nell’ agire si mostra agli altri, e spettatore perché è spettatore delle azioni degli altri.  L’uomo quindi è ciò che l’azione esibisce la quale rappresenta il vero essere .

Hannah Arendt

Anna Arendt
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