top of page

Cesare Pavese

 

 

 

 

 

 

 

 

Cesare pavese nacque il 9 settembre 1908 nelle Langhe cuneesi, dove la famiglia era solita trascorrere le vacanze, le difficoltà che ebbe nel cercare di integrarsi nella vita cittadina lo convinsero ad esaltare l'ambiente contadino in cui era nato come rifugio dal mondo moderno. Possiamo definire Pavese un uomo dalla doppia personalità, che si comporta da cittadino in campagna e da contadino in città non riuscendo mai ad adattarsi. In gioventù si unì ad un gruppo di intellettuali avversi al fascismo, questo è uno dei periodi più intensi e attivi in cui sviluppò un interesse per la letteratura statunitense, traducendo opere come "Moby Dick" di Melville nel 1932. L'anno successivo divenne direttore della rivista "La Cultura", dove svolse un lavoro di grande rilievo culturale. Nonostante non si occupasse apertamente di politica, fu condannato a tre anni di confino perché trovato in possesso di lettere compromettenti. In questo periodo compose "Il mestiere di vivere", un diario che iniziò a scrivere nel 1935 e che portò avanti fino alla morte. Quest'opera ricorda per certi aspetti lo Zibaldone leopardiano e si presenta come una confessione esistenziale; il motivo di fondo è costituito dalla delusione amorosa che ribadisce la convinzione dell'autore dell'impotenza e dell'inutilità esistenziali incapaci di trovare conforto nelle speranze del futuro.

Rientrato a Torino nel 1936 venne a sapere che la donna a cui si sentiva legato sentimentalmente si era sposata, ricevendo così una forte delusione accompagnata dall'insuccesso della sua raccolta di poesie "Lavorare stanca", una raccolta del tutto originale e in contrasto con l'Ermetismo dominante, in cui concepì un nuovo tipo di «poesia-racconto» che si apre verso l'esterno rifiutando ogni chiusura all'interno dell'io. In questi anni Pavese porta a maturazione il passaggio dalla poesia alla prosa scrivendo i suoi primi romanzi brevi come "Il carcere" nel 1938, che trae spunto dall'episodio del confino ma non tratta di tematiche politiche bensì dell'estraneità esistenziale, "Paesi tuoi" del 1939, che descrive l'ambiente delle Langhe come un luogo primitivo e selvaggio , "La bella estate" pubblicata nel 1949 che dà il titolo al volume che comprende anche "Il diavolo sulle colline" e "Tra donne sole", in cui l'autore rappresenta la crisi di una borghesia priva di ideali. In queste opere si ha inoltre il passaggio dal «mito della festa», tipico della gioia di vivere adolescenziale, al «mito del sacrificio», con cui il destino dell'uomo si risolve nella desolazione e nella morte.

A questo periodo florido seguì una profonda crisi causata dal suo isolamento nel Monferrato per non affrontare la guerra partigiana, isolamento che egli stesso riteneva umiliante; questo è il periodo che lo spinse ad analizzare i valori della cultura classica cercando di esorcizzare paure e sensi di colpa. Nel dopoguerra aderì al partito comunista e scrisse "I dialoghi col compagno" in cui affrontava il problema dei compiti dell'intellettuale, dopo la delusione amorosa con l'attrice americana Constance Dowling alla quale è ispirata la raccolta "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi" pubblicò numerose opere tra il 1946 e il 1950 come "Feria d'agosto" che vede una rappresentazione del mito attraverso immagini e simboli naturali, "I dialoghi con Leucò" in cui l'autore risale alle fonti del mito classico per rappresentare la sorte infelice dell'uomo, "Il compagno" in cui, pur senza rinunciare ai suoi motivi di fondo, gli dà una piega politica ed infine "La luna e il falò", il suo ultimo romanzo, in cui riassume le tematiche dell'opera pavesiana, pubblicato nello stesso anno in cui ottenne il premio Strega. Sempre quell’anno, il 1950, morì suicida in una camera d'albergo torinese.

Cesare Pavese

Elio Vittorini

Nato nel 1908 a

Siracusa, Vittorini è

una figura centrale

nella letteratura italiana degli anni trenta, dopo gli studi

elementari seguì solo tre anni della scuola tecnica, la sua

cultura raffinata e data dalle sue letture da autodidatta e dai

suoi rapporti con il mondo letterario del tempo. Nel 1930 lasciò la Sicilia per trasferirsi a Firenze, legandosi al gruppo della rivista "Solaria" ma le sue idee politiche rispecchiavano quelle di un gruppo di intellettuali che vedevano nel fascismo una forza rivoluzionaria, il cosiddetto "fascismo di sinistra"; la guerra di Spagna creò però in lui una profonda crisi nella sua ideologia spingendolo ad un'attività di opposizione contro la dittatura. Trasferitosi a Milano si occupò di tradurre e diffondere la letteratura americana, tra le quali pubblicazioni vi è dell'antologia Americana che venne censurato dal regime, durante l'occupazione tedesca, dopo aver aderito al Partito Comunista partecipò alla Resistenza e dopo la liberazione assunse il ruolo principale nella letteratura italiana, eli si sentiva in dovere non solo di consolare le sofferenze ma di eliminarle attraverso la gli articoli pubblicati sulla sua rivista "Il Politecnico". Nonostante l'adesione al partito, egli si rifiutava di subordinare la cultura alla politica, ciò determinò la chiusura della sua rivista e il suo distacco dal partito, egli però continuò ad impegnarsi in campo culturale sostenendo nella sua collana dei "Gettoni" molti autori, come Fenoglio che sarebbero diventati successivamente protagonisti del panorama letterario italiano.

La sua prima opera risale al 1931 pubblicata nelle edizioni di "Solaria", "I racconti di piccola borghesia" in cui Vittorini propone il mito dell'infanzia per contrapporsi alla vita soffocante borghese, questo sentimento antiborghese sarà presente anche nell'opera "Il garofano rosso" del 1933 in cui il protagonista, un adolescente, si illude di poter trovare la soluzione al conformismo borghese nella violenza fascista. Nel 1936 scrive "Erica e i suoi fratelli" un'opera incompiuta che tratta di una giovane donna costretta a prostituirsi per sopravvivere, quest'opera anticipa un tema molto caro all'autore: l'offesa alla dignità umana. Dalla crisi interiore dovuta alla guerra di Spagna nasce "Conversazione in Sicilia" romanzo pubblicato nel 1941 in cui il protagonista, Silvestro, indignato dai massacri della guerra si rifugia nel suo paese natio, la Sicilia in cui scopre però una realtà di miseria e sofferenza, in quest'opera è più evidente il motivo del «mondo offeso», lo sdegno per l'offesa all'umanità prodotta dall'oppressione, dalla sofferenza e dalla convizione che l'uomo è "più uomo" quando è perseguitato, ciò si esprime anche con il rifiuto della guerra e dei miti che la esaltano. "Uomini e no" è l'opera che l'autore dedica alla resistenza, scritta nel 1945 caratterizzata dal contrasto tra bene e male, vittime e carnefici che si identificano in partigiani, e nazi-fascisti tra i due gruppi si colloca quello  dei militi fascisti che restano indifferenti rivelando un'altra forma di disumanità, alla narrazione oggettiva che avviene attraverso un linguaggio secco ed essenziale, si alterna la riflessione dell'autore riportata in corsivo in cui Vittorini si pone domande che puntano a scardinare le certezze. Nel 1947 scrive "Il sempione strizza l'occhio al Frejus" in cui descrive la povertà delle condizione della classe operaia. Nel suo romanzo "Le donne di Messina" del 1949 che tratta di una comunità ideale alludendo ad una sorta di comunismo primitivo, che egli stesso considererà inattuabile nel suo libro del 1964. Il suo ultimo romanzo è "Le città del mondo" rimasto incompiuto e pubblicato nel 1967, tratta di un villaggio collocato in uno spazio mitico, una Sicilia contadina e primordiale, l'autore stesso abbandonerà il progetto perchè ormai nella nuova realtà industriale anch'egli non riusciva più a credere nella civiltà contadina. Elio Vittorini morì nel 1966, l'anno dopo venne pubblicato "Le due tensioni" il suo ultimo libro di saggi.

​

​

Vasco Pratolini nacque nel 1913 a Firenze, nel quartiere popolare

di via de' Magazzini, da una famiglia operaia, rimanendo orfano

della madre a cinque anni nel 1918. La partenza del padre per la

guerra lo costrinse a vivere dai nonni, presso i quali restò anche

dopo il secondo matrimonio contratto dal padre al rientro dal

conflitto; compì gli studi elementari dapprima presso le Scuole

pie fiorentine, dalle quali venne espulso per indisciplina. Dai

dodici ai diciotto anni, dopo la morte del nonno, avvenuta nel

maggio 1925, fu costretto ad interrompere gli studi a causa di

gravi problemi economici, che lo costrinsero ad esercitare fino

al 1931 i mestieri più disparati  per sopravvivere: garzone di bottega, venditore ambulante, barista, non trascurando mai il suo grande amore per i libri. Lesse inizialmente Dante e Alessandro Manzoni, poi Jack London, Charles Dickens, Mario Pratesi, Federigo Tozzi, e crebbe in un ambiente letterario fiorentino influenzato dalla rivista Solaria e dai movimenti cattolici francesizzanti.

Nell'aprile 1935, affaticato dal troppo lavoro e della vita sregolata, Pratolini si ammalò di tubercolosi polmonare e fu ricoverato nei sanatori Villa delle Rose e Villa Bellaria di Arco ( Trento ) e poi in quello di Sondalo, dal quale uscì definitivamente guarito nel 1937.

A seguito dell'aggravarsi delle condizioni di salute, Vasco Pratolini morì nella sua casa romana la mattina del 12 gennaio 1991. È sepolto al Cimitero delle Porte Sante presso la basilica di San Miniato al Monte di Firenze.

Nei primi suoi racconti (Il tappeto verde, 1941; Via de' Magazzini, 1942; Le amiche, 1943; poi riuniti, con altri, sotto il titolo Diario sentimentale, 1956), ispirati da ricordi della sua adolescenza e da un trepido interesse per la vita dei poveri, del popolo minuto della propria città e quartiere, sono già presenti i due modi e toni fondamentali della sua narrativa; l'uno di memoria lirica, per cui la realtà anche più cruda, la «cronaca» intima più sanguigna, vengono trasposte in prospettive vagamente elegiache; l'altro di un realismo più disincantato o risentito, che sembra contaminare la tradizione toscana (dal bozzettismo ottocentesco a Tozzi, Cicognani, Pea) con la lezione di certa narrativa americana.

Meno felici risultano i due romanzi che completano la trilogia (Lo scialo, 1960, in cui spostava le date fino agli anni dell'avvento al potere del fascismo, e perciò si caricava di un senso di quasi indegno sfacelo e di un pessimismo paralizzante l'intera società; e Allegoria e derisione, 1966, in cui portava la storia agli anni della Resistenza e arrivava  al di là della Favola che intendeva dare in forma allegorica il senso della lotta politica  a congiungere il romanzo, in cui il personaggio Valerio coincide con lo stesso autore, con l'autobiografia).

​

​

Leonardo Sciascia nasce in Sicilia l’8 gennaio 1921.

Durante l’adolescenza frequenta l’istituto magistrale

“IX Maggio. E’ qui che avverrà la sua formazione e

grazie ai suoi professori verrà a contatto con gli autori

francesi e con gli intellettuali dell’illuminismo, così si

appassionerà alla letteratura. In questi anni prende

posizione anche politicamente, schierandosi a favore

del partito comunista e della militanza antifascista. Nel

1941, dopo essersi diplomato, trova lavoro al Consorzio Agrario di Racalmuto, esperienza che gli permette di osservare da vicino la vita agreste e la realtà contadina siciliana. Nel 1950 inizia la sua attività letteraria, pubblicando “Favole della dittatura”: una raccolta di ventisette prose brevi molto curate dal punto di vista stilistico. Nel 1952 una raccolta di poesie “La Sicilia, il suo cuore” e nel 1953 il primo saggio “Pirandello e il pirandellismo”. Il suo impegno civile e la sua formazione illuminista si possono riconoscere nel libro: “Le parrocchie di Regalpetra”. L’opera è strutturata come una cronaca-saggio della vita di un immaginario siciliano, dietro cui si può vedere la nativa Racalmuto. Nel 1961. L’autore si dedicherà al genere giallo, tema prevalente della sua produzione. Questo genere però acquista un’accezione diversa poiché assume il carattere di denuncia etica e sociale, Sciascia infatti si interesserà più alla descrizione delle cause economiche e sociali che si annidano dietro i suoi delitti, che alla risoluzione degli stessi. A questo filone appartengono: “Il giorno della civetta” (1961) e “A ciascuno il suo” (1966). Oltre all’attività di scrittore, l’autore porta avanti anche la carriera da giornalista collaborando con “La Stampa” e “Il Corriere della Sera”. In questa fase egli mostra tutto ilo suo impegno civile, mostrato anche grazie all’unione di cronaca di fatti reali e scrittura d’autore.  Nel 1978 egli indaga anche sull’uccisione di Aldo Moro tramite il racconto-inchiesta “L’affaire Moro”, suscitando così polemiche tra la stampa, gli intellettuali e gli organi di partito. Nel 1980, egli passa nelle fila dei Radicali e si dedica alla saggistica storico-letteraria e allo studio del fenomeno mafioso, come nell’occasione del maxi-processo palermitano a Cosa Nostra dell’86. Lo scrittore si spegne a Palermo nel 1989.

IL GIORNO DELLA CIVETTA

Il giorno della civetta è la prima opera letteraria in cui viene esplicitamente affrontato il tema della mafia. È un romanzo breve composto di diciassette parti non numerate.
 Il titolo è tratto dall’Enrico VI di Shakespeare, un cui passo fa da epigrafe al romanzo.  Nella parte dedicata al romanzo delle sue Note ai testi, Paolo Squillacioti riporta due brevissimi testi, il primo del 1960 e il secondo del 1979, in cui lo scrittore spiega il significato del titolo. La sostanza di entrambi i brani è che la mafia, che in passato operava in segreto, come la civetta che è un animale notturno, ora agisce in piena luce, anche grazie a complicità politiche. 
 Il personaggio del capitano Bellodi è ispirato al maggiore e poi generale dei Carabinieri Renato Candida, alla cui memoria Sciascia dedicò un commosso ricordo su La Stampa dell’11 novembre 1988, un mese dopo la scomparsa dell’ufficiale. Nelle pagine finali del racconto, Sciascia fa dire al dottor Brescianelli, medico parmense amico di Bellodi: “Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già oltre Roma…”.             

A CIASCUNO IL SUO   

Il romanzo è strettamente legato a “Il giorno della civetta”, si tratta infatti ancora di un “giallo”  di ambientazione siciliana e mafiosa e, come avviene nel romanzo precedente, l’omicidio è connesso alla politica  e alla fitta rete di “poteri forti”.  In una calda estate siciliana del 1964, in un piccolo borgo dell'entroterra, il farmacista del paese, tale Manno riceve una lettera anonima, in cui viene minacciato di morte. L'uomo, benvoluto da tutti i compaesani ed estraneo alla politica, aveva un'unica passione: la caccia. Incoraggiato anche dagli amici nell'ipotesi che si trattasse di una burla, non dà peso alla lettera e viene tragicamente ucciso durante una battuta di caccia insieme all'amico, il dottor Roscio. Gli inquirenti ipotizzano che il movente dell'assassino sia stata la presunta relazione di Manno con una frequentatrice della farmacia, ma questa pista si rivela sbagliata. Solo il professore Laurana, quasi ossessionato dall'omicidio, segue la pista giusta, ponendo la sua attenzione sulla parola nel retro del foglio: unicuique, composta utilizzando i caratteri di un giornale, L'Osservatore Romano, che ricevono solo due persone in paese: il parroco di Sant'Anna e l'Arciprete. Laurana recandosi prima da uno e poi dall'altro, intuisce che il vero bersaglio non era il farmacista Manno, bensì il dottor Roscio. Si reca dunque dalla moglie e dal padre di quest'ultimo e trova infine la soluzione del delitto: il dottor Roscio aveva scoperto la relazione che sua moglie, Luisa, aveva con suo cugino, l'avvocato Rosello, e che ormai continuava da anni. A causa dell'ultimatum che il dottor Roscio aveva lanciato a Rosello, l'avvocato reagisce facendolo uccidere da un sicario. L'ultimatum infatti prevedeva che, se non fosse terminata la tresca con sua moglie, Roscio avrebbe fatto scoppiare uno scandalo sulla base di documenti compromettenti personalmente procuratisi. Laurana si propone di tenere per sé i risultati della sua indagine, continuando per la sua strada. Ma non ci riesce in quanto viene sedotto ed ingannato dalla bella Luisa, che, in accordo con il cugino, vuole liberarsi della pericolosa testimonianza che avrebbe potuto costituire. Mentre il professor Laurana giace in una zolfara, Rosello e la vedova Roscio si sposano, rendendo dunque evidente che furono proprio la bella Luisa e il cugino a liberarsi del dottore per poter felicemente vivere insieme.    

 

​

Beppe (Giuseppe) Fenoglio nasce ad Alba, il 1º marzo

1922. Beppe soffre di una lieve balbuzie, ama la

musica, canta bene, pensieroso, taciturno, è uno scolaro

modello. Lo iscrivono al Liceo-ginnasio di Alba

nonostante le ristrettezze economiche della famiglia.

Grazie alla scuola incontra la letteratura inglese e

s'immerge in quel mondo di cui diventerà un grande

conoscitore. Lo appassiona Cromwell e il rigore

calvinista. L'inglese diventa il suo stile. S’iscrive alla

Facoltà di Lettere di Torino. Chiamato alle armi, interrompe gli studi universitari. Nel 1943 frequenta un corso per allievi ufficiali; quindi viene trasferito a Roma, da dove, dopo l’armistizio dell’8 settembre, riesce a tornare ad Alba. Qui si arruola tra i partigiani.  Quando ritorna ad Alba, lavora come procuratore presso un’azienda vinicola, la ditta Marenco e inizia a dedicarsi alla narrativa. Nel 1960 sposa Luciana Bombardi e nel 1961 nasce la figlia Margherita. Nel 1949 l’editore Einaudi rifiuta la sua prima raccolta Racconti della guerra civile; e l’anno successivo Elio Vittorini, sempre per Einaudi, gli consiglia di sacrificare il romanzo La paga del sabato per ricavarne due racconti. Solamente nel 1952 Vittorini gli pubblica, nella collana di narrativa I gettoni, di Einaudi, la raccolta di racconti I ventitregiorni della città di Alba: si apre una discussione sulla Resistenza presentata da Fenoglio, che appare una sorta di visione denigratoria. Viene recensito con favore da un altro del gruppo degli amici albesi, il sacerdote Carlo Richelmy, che ne coglie l'intento antiretorico, la psicologia cruda e oggettiva di quelle storie partigiane; un libro, a suo parere, ben più riuscito di Uomini e no di Vittorini. A favore di Fenoglio si schierano Moravia, Gian Battista Vicari, direttore de "il Caffè”. All'inizio degli anni Cinquanta Fenoglio comincia a cambiare progressivamente il suo orientamento politico, arriverà a votare per il Partito Socialista. Nel 1954 sempre ne "I Gettoni" esce La malora. Calvino ha sostenuto il libro, ma non ne è completamente entusiasta. Nel 1959 esce Primavera di bellezza da Garzanti. Si è sposato con Luciana Bombardi e nel gennaio del 1959 nasce la figlia Margherita. Per lei compone due racconti per bambini. Si ammala e inizialmente pensa alla tubercolosi. Si cura a Bossolasco dove frequenta i pittori che si ritrovano in quel luogo. Le sue condizioni si aggravano e nel novembre del 1962 è ricoverato a Bra. Nell'agosto del 1962 riceve il Premio "Alpi Apuane", voluto da Anna Banti e Roberto Longhi. Viene ricoverato all'ospedale delle "Molinette", e quando viene portato al reparto dove si pratica la cobaltoterapia capisce di avere il cancro. Chiede di non fare la cura. Muore il 17 febbraio 1963 circondato dagli amici. Lascia scritto alla figlia Margherita: "Ciao per sempre, Ita mia cara. Ogni mattina della tua vita io ti saluterò, figlia mia adorata. Cresci buona e bella, vivi con la mamma e per la mamma, e talvolta rileggi le righe del tuo papà, che ti ama tanto e sa di continuare a essere in te e per te. Io ti seguirò, ti proteggerò sempre, bambina mia adorata, e non devi mai pensare che ti abbia lasciato. Tuo papà".
Nello stesso anno esce Un giorno di fuoco da Garzanti che l'aveva disputato a Einaudi, con Una questione privata ritrovata tra le sue carte. Nel 1964 Calvino scrive che Una questione privata è il libro che aspettavano sulla Resistenza. Nel 1968 esce da Einaudi Il partigiano Johnny curato da Lorenzo Mondo. Seguiranno altri inediti e la sua fama di scrittore continuerà a crescere negli anni.

 

 

Don Giuseppe Tomasi di Lampedusa fu uno scrittore e nobile

italiano, che nel 1958 pubblicò Il Gattopardo, godendo della

fiducia dell’editore Giorgio Bassani. Il romanzo, ambientato

nella Sicilia del 1860, ha un’apparenza storico-naturalista, ma

in realtà si colloca nel filone tardo decadente europeo: il

principe di Salina, protagonista del romanzo, confronta infatti

i suoi privati interrogativi fisici e metafisici con quelli dei

siciliani per l’Unificazione del Regno d’Italia, tessendo quindi

un vero e proprio romanzo psicologico, le cui vicende storiche

non sono altro che uno sfondo in cui si celano essenze più

vere e profonde. Non manca inoltre una costante simbologia

mortuaria. Il decadentismo influisce anche sul vero e proprio impianto narrativo del racconto, filtrato attraverso la visione del principe e in contraddizione quindi con il Neorealismo del tempo.

Nel libro sono individuabili accenni di vita dell’autore e i suoi pensieri personali, primo fra tutti quello pronunciato con cinismo dal giovane e ambizioso nipote del Principe, Tancredi Falconeri: "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi" espressione del suo senso di impotenza di fronte al reale. In aggiunta, la figura del Principe riflette quelle che sono le venture di un’epoca, evidenti in particolare nel penultimo capitolo del romanzo in cui, tramite l’uso del flusso di coscienza, Il Principe in punto di morte riflette su quella che è stata la sua esistenza. In conclusione, il romanzo è del tutto lontano da complicati intrecci narrativi, bensì è concentrato sulle vicende di un solo uomo, da cui deriva un’immagine della Sicilia consapevole di tutte le problematiche storico-politiche della modernità.

​

​

Giorgio Bassani fu uno scrittore, editore, poeta e politico italiano, fondatore

e poi presidente di Italia Nostra, un’onlus di salvaguardia dei beni culturali.

Durante gli anni della guerra partecipò attivamente alla Resistenza. Egli

lavorò anche nel nascente mondo della televisione, ricoprendo il ruolo di

vicepresidente della RAI, e pubblicò in veste di editore importanti romanzi

come Il Gattopardo.

La sua attività letteraria godette sempre di una certa notorietà, che fu

consolidata con la pubblicazione della sua opera più importante “Il Giardino

dei Finzi Contini”, di cui Vittorio De Sica fece addirittura un adattamento

cinematografico. Il romanzo fu pubblicato nel 1962 da Giulio Einaudi Editore, ed è costituito da un grande flashback dell’ignoto protagonista, il quale, durante gli anni delle persecuzioni razziali, poteva trovare all’interno del giardino della villa della famiglia un luogo sicuro in cui potevano nascere ancora amore e amicizia; la storia al di fuori del giardino tuttavia, irromperà più volte per distruggere il mondo idilliaco creato al suo interno. Il libro è una celebrazione costante del passato, dei ricordi e della nostalgia, nonché una forte critica al sentimento antisemita del tempo.

​

​

Carlo Emilio Gadda nacque a Milano nel 1893, fu uno

scrittore e poeta italiano. Gadda viene considerato tra i

massimi innovatori della narrativa novecentesca, segnando

la narrativa del tempo attraverso uno stile linguistico che

fonde in sé lingua nazionale, forme dialettali e usi gergali,

con un incessante stravolgimento delle strutture tradizionali

del romanzo. Il periodo della formazione di Gadda fu

segnato dalla rovina economica familiare, dovuta a investimenti sbagliati da parte del padre. La declassazione fu un trauma che incise sullo scrittore, lasciando una traccia indelebile anche nelle sue opere. Compiuti gli studi liceali, da cui ricavò una formazione umanistica ma anche positivista, fu costretto dalla madre ad intraprendere gli studi di ingegneria, che costituì per lui un peso intollerabile, sentito come qualcosa di arido e mortificante. Fu questo un motivo di rancore verso la madre, che contribuì a creare un rapporto di odio e amore deluso, che ispirerà le pagine del suo capolavoro, La cognizione del dolore.

Nel 1915 interruppe gli studi partendo come volontario per il fronte. Gadda vedeva nella guerra l'occasione di riscatto della vita nazionale, così come l'occasione di un riscatto personale, la liberazione delle angosce da cui si sentiva paralizzato. Ma in realtà la guerra fu un trauma terribile: fu fatto prigioniero nella rotta di Caporetto e deportato in Germania e al rientro a casa ebbe l'atroce scoperta che il fratello Enrico, anch'egli al fronte come aviatore, era morto in un incidente aereo. Questi eventi sono descritti alle pagine del Diario di guerra e prigionia, che lo scrittore pubblicherà solo molti anni più tardi.

Dopo la guerra riprese gli studi, laureandosi in Ingegneria e intraprendendo una serie di viaggi professionali, portando lo scrittore a girare il mondo.

Il suo esordio letterario avvenne con la pubblicazione di una serie di prose liriche, gli Studi imperfetti, sulla rivista "Solaria", nel 1926. Nelle edizioni della rivista ci furono anche la pubblicazione dei suoi due primi libri, La Madonna dei filosofi e Il castello di Udine, in cui erano uniti racconti e prose di vario genere. Nel 1936 morì la madre, evento traumatico, scatenando in lui terribili sensi di colpa. Da questo stato d'animo trasse l'ispirazione La cognizione del male, in cui confluiscono temi autobiografici e riflessioni filosofiche di quegli anni nonché una rappresentazione dell'Italia del tempo, pubblicata in parte sulla rivista "Letteratura" fra il 1938 e 1941. Nel 1950 ottenne un incarico di collaborazione al Terzo Programma della RAI, per il quale lavorò sino al 1955.

Nel 1957 ci fu l’uscita del Pasticciaccio, che segnò il suo successo presso un vasto pubblico, successo poi ribadito dalla comparsa in volume della Cognizione del male nel 1963.

Morì a Roma il 21 maggio 1973, chiuso nella sua solitudine e tormentato da mali fisici.

Ciò che caratterizza la scrittura di Gadda è una risoluta unione di vari livelli linguistici, oltre ad un impressionante apparato retorico, che si manifesta sopratutto nell'uso inesauribile delle metafore più impensate. Ma dietro questo stile si possono trovare profonde motivazioni, un rapporto traumatico con la realtà e una complessa concezione della filosofia. Tutta la realtà allo scrittore appare come un caos informe di presenze prive di senso, non percepisce più i molteplici aspetti del mondo come modelli perfetti elaborati dalla natura, per tanto le caratteristiche della sua prosa sono lo strumento necessario per esprimere questa stravolta visione del mondo. Le sue opere si focalizzano su temi fondamentali dell'esistenza moderna, come la crisi del soggetto, lo scontro fra il soggetto malato e un contesto sociale opprimente, i conflitti nei rapporti familiari, lo smarrimento di fronte al labirinto del reale; ma al tempo stesso gli scritti sono pervasi da una forza comica e satirica travolgente.

LA COGNIZIONE DEL DOLORE (1963)

L'ambientazione del romanzo si svolge in paese immaginario sudamericano, il Maradagal, cui si può facilmente paragonare alla Brianza, dove la famiglia Gadda possedeva una villa. Nel personaggio di don Gonzalo Pirobutirro d'Eltino, protagonista del racconto, lo scrittore proietta tutte le sue sofferenze e le sue ossessioni, difatti il protagonista ha forti tratti autobiografici.

Don Gonzalo, discendente da un'antica famiglia di hidalgos spagnoli, è un ingegnere colto e appassionato di studi filosofici, che vive con la mamma in un villa fatta costruire dai genitori. Il protagonista è devastato dalla nevrosi, tormentato dal ricordo del fratello tanto amato morto in guerra, ossessionato da fobie e idee malsane. Verso la madre ha un sentimento di rancore profondo, che si manifesta con scenate di rabbia e minacce, non a caso la vecchia signora è impaurita dal figlio. Gonzalo per poter sfuggire alla vita soffocane di campagna, ai borghesi ottusi, ai contadini e alla stupidità che lo circonda, si isola, in una gelosa solitudine. Egli cova in sé una rabbia contro questa realtà ripugnante, consumandosi nei suoi stessi attacchi o in gesti profanatori contro la madre e la memoria del padre, ricavandone solo sensi di colpa. Gonzalo vorrebbe proporre la sua figura, in nome della sua intelligenza, come depositario dei valori puri, ma le sue aspirazioni eroiche sono negate dalla realtà mediocre che lo circonda.

La cognizione del dolore è un romanzo incompiuto dello scrittore italiano Carlo Emilio Gadda, composto tra il 1938 e il 1941, inizialmente pubblicato a puntate sulla rivista "Letteratura". A causa della guerra, il romanzo rimase incompiuto e venne pubblicato solo nel 1963 dall'editore Einaudi.

La cognizione del dolore non ha una vera e propria vicenda. Dapprima delinea la stupidità dell'ambiente di campagna, poi entra in scena l'eroe, che per la maggior parte della narrazione è occupata dai suoi deliri, scaturiti anche dalle cose più futili, in cui egli rovescia il suo furore sull'<oceano della stupidità> che lo circonda e che minaccia di sommergerlo.

La struttura del romanzo è asimmetrica, sfruttata per comunicare una simile idea di disarmonia. Così come la struttura, anche la lingua del romanzo è costruita per accumulo dispersivo di elementi e le contraddizioni già emerse nella trama vengono sottolineate dalla mescolanza di toni lirici e drammatici, satira e grottesco, al fine di ritrarre la contraddittorietà della realtà.

​

​

Calvino nacque nel 1923 a Santiago de Las Vegas

nell'isola di Cuba, dov'è il padre agronomo di fama

mondiale dirigeva una stazione sperimentale di

agricoltura. Nel 1925 però la famiglia si trasferì in

Italia stabilendosi a Sanremo. Nel 1941 si iscrisse alla

facoltà di agraria a Torino, ma dopo l'8 settembre 1943

per evitare la arruolamento nell esercito della repubblica

di Salò Entrò nella resistenza appunto. Nel frattempo

era passato alla facoltà di lettere di Torino, dove si

laureò nel 1947. Il suo primo romanzo fu “il sentiero

dei nidi di ragno”. Nel 1950 fu assunto dalla casa editrice e adesso collaboro per molti anni come dirigente prima e poi come consulente. Nel 956 dopo l'invasione sovietica dell’Ungheria che provocò una grande crisi molti intellettuali comunisti.Nel 1967 si trasferì a Parigi entrando in contatto diretto con la cultura francese che in quegli anni esercitava una identica egemonia in Europa.

Il romanzo d'esordio di Calvino fu  il sentiero dei nidi di ragno del 1947 che si colloca nell'ambito del neorealismo. Affrontando l'argomento della lotta partigiana sulla base di un'esperienza vissuta in prima persona, lo scrittore trasferisce sulla pagina il clima di fervore degli anni postbellici, il bisogno di dare voce a una vicenda collettiva che viene sentita come decisiva e che alimenta speranze in un cambiamento profondo della vita nazionale e nella costruzione di un Italia più civile e più giusta. Tuttavia Calvino non vuole offrire un quadro celebrativo della resistenza come egli stesso precisa in un illuminante prefazione intanto il campionato non sono aggiunta al libro nel 1964, la banda partigiana che egli rappresenta è costituita dagli scarti di tutte le altre formazioni, da una serie di emarginati,  di balordi, di picari. Con questo però in polemica con i detrattori della resistenza egli intende dimostrare che anche chi si era impegnato nella lotta senza chiare motivazioni Ideali sentiva un elementare spinta di riscatto umano e si trasformava così in forza storica attiva.

Elio Vittorini

Vasco Pratolini

Vasco Pratolini

Leonardo Sciascia

Leonardo Sciascia

Beppe Fenoglio

Beppe Fenoglio

Tomasi di Lampedusa

Tomasi di Lampedusa

Giorgio Bassani

Carlo Emilio Gadda

Carlo Emilio Gadda
Italo Calvino

Italo Calvino

vasco-pratolini.jpg
Leonardo_Sciascia.jpg
fenoglio.jpg
Giorgio Bassani
Tomasi-di-Lampedusa.jpg
Giorgio_Bassani_(1974).jpg
gadda.jpg
calvino.jpg

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini nacque a Bologna nel

1922, fu uno scrittore, poeta, autore e

regista cinematografico e teatrale italiano.

Fu uno degli scrittori principali del

secondo dopoguerra e il massimo interprete

della nuova Italia repubblicana, verso la quale

fu molto critico. Nel 1945 si laureò in lettere a Bologna. Nei primi anni dopo la guerra si iscrisse al PCI di Udine, da cui venne però espulso nel 1949, a seguito di accuse di corruzione di minori ed atti osceni in luogo pubblico, rivelatesi poi infondate. Trasferitosi a Roma,  nel 1949, di fronte ai violenti conflitti sociali del dopoguerra, maturò una presa di coscienza dal punto di vista politico che lo avvicinò all'ideologia marxista, vissuta però sempre in contraddizione. Nel 1954 pubblicò la sua raccolta di poesie in friulano, La meglio gioventù, con cui vinse il premio “Giosuè Carducci”.  Nel 1955 pubblicò Ragazzi di vita, che ottenne un grande successo, ma venne accusato di oscenità, a causa del tema della prostituzione maschile. Pasolini subì, quindi, un processo per pornografia da cui venne assolto, grazie anche alle testimonianze di intellettuali dell’epoca, come Giuseppe Ungaretti. Nello stesso anno, con Francesco Leonetti e Roberto Roversi, fondò la rivista 'Officina', che, rispetto alle prospettive letterarie di quel tempo, ebbe un ruolo fondamentale. Nel 1957 uscì la raccolta di poemetti Le ceneri di Gramsci, duramente criticato da intellettuali vicini al partito comunista. Nel 1959 Pasolini concluse Una vita violenta, un romanzo ancora una volta incentrato sui ragazzi dei borghi. Dal 1961 si dedicò alla cinematografia, con film che all'epoca suscitarono molto scalpore.

Pasolini venne assassinato da Pino Pelosi, “ragazzo di vita”, travolto dalla sua stessa auto, il 2 novembre 1975.

Pasolini, durante gli anni della guerra, entrò in contatto con una nuova corrente letteraria, quella del Neorealismo, che rappresentò la corrente ideale per una rappresentazione di una realtà lesa dal dolore e dalla disperazione. Non a caso questa corrente trovò il suo periodo di sviluppo culturale nel dopo guerra, momento storico e sociale in cui chiunque perse qualcosa, sia fisica sia spirituale, rispecchiando il dovere di rappresentare nella sua totalità e crudezza il mondo che vede.

Un esempio di romanzo che appartiene al Neorealismo è Ragazzi di Vita. Una realtà in cui  i protagonisti saranno i ragazzi di strada, che transitano in quelle zone periferiche delle borgate di Roma, luoghi in cui Pasolini sarà presente assiduamente e fisicamente. Con questo romanzo Pasolini attirò l’interesse di molti intellettuali che riuscirono a percepire quei criminali descritti come dei personaggi epici da proteggere dalla contaminazione culturale ed esistenziale della società dei consumi. Ancora più incisivo ebbe il passaggio a una nuova forma di linguaggio: il cinema.

Nell’arte cinematografica Pasolini trovò un espressività ancora più immediata e completa, più adatta per il messaggio che egli aveva intenzione di diffondere nel pubblico. Nel cinema riuscì a dar senso al suo marxismo eterodosso, basato sul suo approccio agli umili, un marxismo più umano lontano dalla dimensione economica. 

Fin da giovane mostrò il suo interesse per la cultura popolare e i dialetti italiani, per l'appunto nelle sue opere letterarie più importanti, come Ragazzi di vita e Una vita violenta, il  centro è il mondo degli umili visti come realtà istintiva e primordiale, con l'uso del dialetto romanesco, che corrisponde a un bisogno di regressione nella realtà popolare. La tematica del populismo, tematica utilizzata nella gran parte della narrativa di quell'epoca, per Pasolini non era portatrice di valori sociali positivi nei confronti della borghesia, ma una negazione oggettiva e totale dei suoi valori.

RAGAZZI DI VITA (1955)

Il romanzo, composto di 8 capitoli, racconta le vicende di un gruppo di ragazzi di Pietralata, uno dei numerosi quartieri della periferia romana degli anni ’50. Il Riccetto, Marcello, Alduccio, il Caciotta, il Lenzetta, Genesio, il Begalone e il Pistoletta sono i “ragazzi di vita”.

 Il Riccetto (figura centrale nella prima parte del romanzo) vive con la sua famiglia in una scuola divenuta centro di raccolta per sfollati. Egli cresce a stretto contatto con i bassifondi della città e per sopravvivere si arrangia con furti e giochi d'azzardo; riesce quasi sempre a passarla liscia tranne una volta in cui accusato di furto, non commesso, viene condannato a tre anni di galera. Crescendo il Riccetto entra a far parte della società consumistica e si omologa agli ideali del mondo borghese.

Nella seconda parte del romanzo gli occhi vengono puntati maggiormente sugli altri ragazzi di vita, accomunati da un triste destino. Alduccio ha una vita alquanto complicata, alle prese con il padre alcolizzato, la madre epilettica e la sorella incinta con manie suicide. Marcello muore in seguito al crollo di un edificio, sepolto dalle macerie; Amerigo si uccide, il Begalone è gravemente malato. Il Piattoletta muore durante un gioco feroce; Genesio, il più taciturno, annega nelle acque dell’Aniene. Il Riccetto assiste alla tragica scena, ma non interviene perché ora che ha raggiunto una certa stabilità non vuole rimettersi nei guai.

Ragazzi di vita è un romanzo pubblicato nel 1955 da Pier Paolo Pasolini. L’idea di realizzare il libro, incentrato sulle borgate di Roma, nasce nel 1949, quando l’autore arriva per la prima volta a Roma e incontra il mondo periferico, che conserva ancora l’autenticità del mondo rurale, semplice e primitivo, non ancora corrotto dal consumismo. Lo scrittore si focalizza principalmente su Riccetto, seguendone la crescita e il suo tentativo di integrarsi all’interno della società. Il ragazzo, dopo aver affrontato svariate peripezie, riesce a responsabilizzarsi. Ci sono due momenti chiave che scandiscono bene questo passaggio: il salvataggio da parte del Riccetto di una rondine che sta annegando e la morte di Genesio, un bambino delle borgate, che annega nelle acque dell’Aniene. E’ proprio il mancato intervento del Riccetto a rappresentare l’evoluzione del personaggio, che da ragazzino sensibile e impulsivo diventa uomo adulto e integrato, ma pur sempre soggiogato ai meccanismi della società, ormai privo di passioni.

L’obiettivo dell’autore è quello di rappresentare il mondo con estremo realismo: ecco perché decide di utilizzare nei dialoghi il dialetto romanesco, usando il gergo delle borgate, mentre la voce narrante si esprime attraverso l’italiano.

UNA VITA VIOLENTA (1959)

Il romanzo segue la storia di Tommaso Puzzilli, ragazzo di borgata, che tra furti e prostituzione sopravvive alla povertà della periferia, fino all’incontro con Irene, ragazza di cui si innamora. Il suo tentativo di cambiare vita e inserirsi nella società viene bloccato dal suo arresto per l’aggressione a un giovane. Uscito di prigione, Tommaso si ammala di tubercolosi e viene ricoverato. Durante la permanenza in ospedale il protagonista riflette sulla sua vita e sul desiderio di riscatto. Ristabilitosi, nuovamente il giovane inizia a progettare la sua nuova esistenza: cerca un lavoro e si iscrive al PCI, ma il salvataggio di una donna durante un’inondazione lo porterà alla morte.

Pasolini torna ad occuparsi del mondo delle borgate e ancora una volta segue l’evoluzione del protagonista da delinquente a membro della società. La storia di Tommaso somiglia molto a quella di Riccetto, anche nella conclusione, mentre in Ragazzi di vita il protagonista decide di non intervenire (interpretato come possibile segno della sua morte spirituale una volta integrato nella società), in Una vita violenta Tommaso sceglie impulsivamente di agire, salvando la donna, ma ammalandosi e infine morendo. In entrambi i casi il riscatto sociale porterà i personaggi alla morte, spirituale o fisica.

Dal punto di vista linguistico Pasolini non mantiene più la differenza tra voce narrante e lingua dei personaggi, utilizzando anche per il  narratore il romanesco delle borgate. Questo aspetto è stato giudicato negativamente da parte della critica.

​

La sua prima produzione poetica è corrispondente al clima Ermetico e si tratta di “poesie a casarsa” e “la meglio gioventù”. Il poeta vede il mondo friulano come incontaminato e innocente e lo trasforma in un paradiso mitico contornato dall’uso del dialetto che contribuisce alla formazione di un’atmosfera vivida e reale.

Pasolini non è mai riuscito a vivere il suo slancio sensuale con immediata innocenza: il suo vitalismo è sempre stato turbato dal senso di colpa, che ha le radici in una formazione cattolica. Nella raccolta “l’usignolo della Chiesa cattolica“ questa tematica viene trattata con elementi decadenti. Anche Pasolini, come molti scrittori italiani del dopoguerra, sentì il fascino delle ideologie di sinistra. Per lui, però, il marxismo non era un’ideologia vissuta in modo totale bensì uno stimolo all’impegno civile. In esso cercava anche un antidoto a quel fondo decadente e irrazionalistico che sentiva con senso di colpa, ma fu sempre consapevole della contraddizione tra le due tendenze. Da questa contraddizione sono nate però le sue poesie migliori, “Le ceneri di Gramsci“ e “La religione del mio tempo“. Esse segnano anche il distacco dalle forme dell’ermetismo.

​

​

Nato a Torino nel 1902 e morto nel 1975, Carlo Levi fu un noto

pittore dei “sei di Torino” e intellettuale di sinistra che aderì al

movimento Giustizia e libertà.

 Per le sue posizioni fortemente antifasciste fu confinato in un

paese della Lucania tra il 1935 e il 1939 e scrisse la sua esperienza

in un noto libro : “Cristo si è fermato a Eboli” . Il  libro è un

intreccio di documento memoriale e di saggio antropologico e

sociologico in cui egli dipinge la borghesia con un aspetto crudo e

tagliente, ma si concentra soprattutto sul popolo contadino: un

mondo pagano, sconosciuto alla realtà  moderna e progressista,

caratterizzato da temi magici e superstiziosi e dall’assenza di separazione tra il mondo umano e quello animale.

Il popolo contadino appare quindi portatore di tutti i valori: spontaneità, autenticità, solidarietà, generosità, e bontà e viene contrapposto alla borghesia egoista, ottusa, ignorante e conformista.

Oltre all’interesse per i problemi politici e sociali, lo scrittore attua una scoperta di se stesso in quanto nel mondo contadino egli ritrova la sua vera autenticità e giunge alla salvezza identificandosi con un’umanità elementare  in una sorta di vitalismo dando così vita a una prosa ricca di colore e incisiva proprio  per il suo carattere esuberante.

In aggiunta a  quest’opera, che rimane una delle più significative di quel periodo, Carlo Levi presenta una vasta produzione con il romanzo “L’orologio” del 1950 in cui dipinge la crisi della resistenza nella corrotta capitale del dopoguerra, libri tra il saggio e il resoconto lirico come “ Le parole sono pietre” del 1955 dedicato alla Sicilia e “ Tutto il miele è finito” del 1964 in cui compare il mondo arcaico sardo.

Infine vi è il libro del 1956 intitolato “ il futuro ha un cuore antico” dedicato all’Unione Sovietica e “ la doppia notte dei tigli” del 1959 dedicato alla Germania.

​

​

Nato a Torino nel 1919 e laureatosi in chimica nel 1941, Primo Levi entrò

nelle formazioni partigiane di giustizia e libertà nel 1943 ma, in quanto

ebreo, fu catturato e portato nel campo di concentramento di Auschwitz.

Riuscito a scampare allo sterminio, tornò a Torino dove esercitò la

professione di chimico e si dedicò parallelamente anche alla letteratura;

morì suicida nel 1987.

Il suo libro d’esordio del 1947, “Se questo è un uomo”, è uno scritto che

ha goduto di grande fama e diffusione; si distacca dal filone neorealista e

si avvicina alla forma di un vero e proprio classico.

Esso è un resoconto della sua esperienza nei Lager di sterminio nazisti in

cui  è descritta, in modo molto diretto, con assenza di retorica e di emotività,

la crudeltà fisica e morale che mirava a distruggere la sostanza umana del

deportato; la rievocazione è sorretta da un estremo rigore conoscitivo e le riflessioni dell’autore permettono al lettore di immedesimarsi con il protagonista e di affiancarlo nella sua esperienza.

Nel 1963 venne pubblicata un’ideale continuazione del libro: “ La tregua” che narra del ritorno in patria dei deportati ma con un tono più avventuroso e con l’utilizzo dell’ humour.

La tematica della persecuzione degli ebrei è ripresa in un libro del 1982 intitolato “ Se non ora, quando?”  che narra le vicende di un gruppo di partigiani israeliti dalla Russia bianca sino a Milano, mentre all’esperienza nei lager è legato un ultimo libro del 1986: “I sommersi e i salvati” che è molto lontano dalla compostezza dei lavori precedenti e presenta un linguaggio denso di terribili e tormentosi interrogativi.

Appartenenti all’arco di tempo dal 1966 al 1981 sono alcune raccolte di racconti : “storie naturali”, “ Vizio di forma”, “Il sistema periodico”, “La chiave a stella” e “Lilit” nelle quali l’autore affianca la sua formazione letteraria a quella scientifica in quanto egli credeva che la formazione scientifica era utile allo scrittore per dare ordine al caos informe della realtà.

Pier Paolo Pasolini

Carlo Levi

Carlo Levi
carlo-levi.jpg

Primo Levi

Primo Levi
Primo_Levi_.jpg
bottom of page