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La figura politica di Giolitti

Giolitti

Il primo quindicennio del novecento è dominato

dalla figura di Giolitti.  Egli era un liberale e voleva

tentare di costruire un nuovo e coraggioso disegno

politico: quello di integrare nello stato le nascenti

forze operaie  e realizzare una conciliazione tra le

forze socialiste e il liberalismo avanzato attraverso

precisi cardini:
-La neutralità dello stato,  ovvero che lo stato non

doveva intervenire tra le componenti sociali che

trovavano da se un proprio equilibrio.
- L’ integrazione in parlamento dei ceti popolari e del partito socialista, ma anche degli accordi con i cattolici.
- lo sviluppo di riforme per l’ampliamento  del voto.
- Maggiore salario per gli operai per l’incentivazione.
Giolitti applicò una serie di riforme in campo sociale ed economico come la tutela del lavoro di donne e bambini  ( età minima per lavorare 12 anni) , la statalizzazione della ferrovia e la municipalizzazione dei servizi pubblici e delle aziende;  sul piano politico però fallì il suo progetto di integrare nello stato le masse popolari in quanto i socialisti, con a capo Turati, rifiutarono di entrare nel suo governo . 
Per quanto riguarda i  cattolici,  l’enciclica rerum novarum di papa Leone X  del 1891 stimolò la crescita del movimento sociale cattolico che egli vedeva come possibilità di stabilizzazione delle istituzioni liberali; nacquero così i primi accordi fra liberali e cattolici nel 1905. 
I cattolici presentavano varie fazioni: 
-gli intransigenti, ovvero coloro che rifiutavano lo stato liberale
-i moderati, ovvero coloro che erano favorevoli ad un graduale inserimento dei cattolici all’interno dello stato
-la democrazia cristiana, fondato  da Murri, che aveva l’obbiettivo di dare vita ad un partito cattolico di massa . 
Nel 1913, con le prime elezioni italiane a suffragio universale maschile, nacque il Patto Gentiloni  fra Giolitti e i cattolici il quale prevedeva l’appoggio di questi ultimi ai liberali che si impegnavano a non ostacolare l’istruzione e a garantire quella religiosa e ad opporsi a proposte di legge sul divorzio.   
Il disegno politico di Giolitti ebbe però vita breve in quanto egli dovette fare i conti con due fattori: in primo luogo il notevole sviluppo industriale dal quale deriva un forte sentimento nazionalista e in secondo luogo l’affermarsi, in campo socialista, di una corrente massimalistica che sosteneva la violenza rivoluzionaria. Sebbene egli riuscì per molto tempo con abile politica pendolare a tenersi in equilibrio nel 1914 segnò le dimissioni .

Prima Guerra Mondiale

Prima Guerra Mondiale

In seguito all’attentato di Sarajevo si scatenò una sorta di effetto domino caratterizzato da due principali alleanze:  la triplice alleanza formata da Italia, Germania e Austria-Ungheria e la triplice intesa formata da Russia, Francia e Inghilterra. 
A quasi un mese dall’attentato di Sarajevo l’Austria mandò un ultimatum alla Serbia che rifiutò per il principio di sovranità, così l’Austria nel 28 giugno del 1914 dichiarò guerra alla Serbia. La Russia si schierò a fianco della Serbia mentre la Germania, fedele all’alleanza con l’Austria, si schierò con quest’ultima e decise di invadere il Belgio violando la sua neutralità.  A questo punto entrarono in guerra anche Francia e Inghilterra schierandosi entrambe contro la Germania.
Un fattore molto influente fu l’opinione pubblica: i parlamentari erano favorevoli alla guerra in quanto la vedevano come possibilità di miglioramento, c’era un grande entusiasmo infatti anche i socialisti, che normalmente sono pacifisti, furono favorevoli perché la vedevano come  una spinta per la rivoluzione sociale. 
A questo punto si crearono due fronti: Il “Fronte Occidentale” che si sviluppa in Belgio per 800km fino in Svizzera, la Germania voleva arrivare a Parigi ma venne fermata sul fiume Marna. Mentre il “Fronte Orientale” dove la Russia cercò di entrare in Austria ma fu fermata a Tannenberg e sui Laghi Masuri.
L’Italia, che inizialmente era rimasta neutrale, voleva tradire l’alleanza per schierarsi contro l’Austria, Giolitti si dimise e salì Sannino che chiese non solo le terre in redenta ma anche la Dalmazia (costa tra Croazia, Serbia e Montenegro) e voleva anche le isole del Dodecaneso fra Grecia e Turchia. Queste furono le condizioni del patto segreto stipulato a Londra con la triplice intesa formata da (Russia, Francia e Inghilterra) il patto fu segreto al parlamento e all’opinione pubblica, così l’Italia entrò ufficialmente in guerra il 24 Maggio 1915. La guerra si caratterizzò per attacchi e contrattacchi nelle trincee producendo nient’altro che morti.
Nel frattempo nei mari la decisione tedesca di condurre la guerra sottomarina non fece altro che affrettare l’entrata in guerra degli Stati Uniti.
Ci fu anche il perfezionamento delle trincee con gallerie, cunicoli, bunker e la comparsa di una nuova arma, il gas asfissiante.
Il 1917 fu un anno disastroso per le guerre con:
-L’intervento dell’America al fianco dell’intesa.
- La disfatta a Caporetto, dove gli italiani furono battuti dagli austriaci.
-La rivoluzione bolscevica, Russia costretta a ritirarsi.
-La crisi degli eserciti, diffusione del rifiuto individuale, lo shock-shell (trauma da bombardamento) e varie sommosse e scioperi.
Nel autunno del 1918 pur senza aver subito notevoli sconfitte la Triplice Alleanza si arrese davanti alla supremazia dell’Intesa. Si ebbe quindi l’armistizio firmato dall’Austria, il 4 novembre in seguito alla sconfitta a Vittorio Veneto degli italiani, l’esercito italiano guidato da Cadorna era stato sostituito da Armando Diaz.
Alla fine della Guerra si attuò una politica punitiva nei confronti della Germania sia sul piano politico (fu costretta a cedere Alsazia e Lorena), sia sul piano economico (risarcimento di 132 miliardi di marchi d’oro) con il trattato di Versailles.

La filosofia novecentesca

Il problema della filosofia del 900

Con la filosofia di Nietzsche si apre un mondo che consiste nella decostruzione delle certezze dell’occidente, una filosofia che prevede l’assenza di  fondamenta e che si sviluppa in un’epoca di grandi cambiamenti non solo filosofici ma anche epistemologici. 
A questo punto la filosofia sembra prendere due strade: 
-l ’antropologia filosofica (degli anni 20, soprattutto in Germania) , la quale prevedeva che al centro ci fosse l’uomo , ma in maniera inedita. Essa si proponeva di rispondere alla domanda  “cos’è l’uomo?”  aiutandosi con le scienze coeve interpretando filosoficamente i dati scientifici. I maggiori esponenti furono Scheler e Plessener.
-La fenomenologia, la quale  prevedeva di ripristinare la filosofia come scienza rigorosa ed era considerata un metodo per giungere alle cose stesse, alla loro essenza. I maggiori esponenti furono Edmund Husserl e Martin  Heidegger .
Husserl  voleva giungere alla verità delle cose attraverso l’applicazione dell’ epochè ovvero la sospensione del giudizio, il mettere tra parentesi la spontanea adesione alle cose. Egli affermava che noi dobbiamo essere inconsapevoli di tutto per arrivare a qualcosa che non può  essere messo in discussione; perviene così alla conoscenza eidetica (diversa da Cartesio) , una conoscenza intenzionata. 
Mentre Cartesio pone l’oggetto dopo il soggetto in quanto il subjectum crea l’oggetto, Husserl afferma l’esistenza di una coscienza trascendentale che ha intrinsecamente il soggetto e l’oggetto che non possono essere due realtà diverse, bensì sono  intrinseche e inscindibili.
Nel 1927 venne pubblicato il capolavoro di Martin Heidegger “sein und zeit” ( essere e tempo) nel quale il filosofo usa il metodo fenomenologico per un problema ontologico. Egli vuole elaborare il problema dell’ essere partendo da una sua peculiare declinazione: l’  esserci, ovvero esistere in un tempo , che però prevede una passività in quanto l’uomo non sceglie di stare al mondo ma è gettato in esso. 
Essere e tempo  si occupa quindi dell’analitica esistenziale, dell’essere che sta nel mondo nel modo in cui si prende cura di tutte le cose in quanto esse sono oggetti di cui noi ci serviamo per portare avanti il nostro progetto esistenziale; quindi non possiamo avere un rapporto che non sia intenzionale con le cose. 
Heidegger afferma che esiste un modo di vivere deiettivo, il modo della chiacchiera (si dice, si fa)  ma questo è un modo inautentico. Tuttavia, poiché siamo possibilità, possiamo accedere alla vita autentica  attraverso una delle situazioni emotive prevalenti nell’uomo ovvero l’angoscia a partire dalla quale l’essere apre gli occhi  verso  l’autenticità in quanto capisce che esso è essere per la morte. 

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